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lunedì 2 novembre 2009

Ricordi di un aborto


Attraverso una mia personalissima esperienza scritta in forma epistolare, voglio parlare dell’aborto, discorso molto delicato.
Spesso molte donne si trovano ad affrontare questa situazione, resta un argomento attuale che scatena profonde emozioni sia nel caso di aborti spontanei che provocati.
"Carissimo amico
Ti scrivo ti parlo ancora di me di quella volta che aspettavo un bambino e non lo volevo.
Ero sola dentro il bagno e aspettavo un esito che già conoscevo, dentro di me c’era un bambino inatteso.
Da quel momento l’angoscia ha prevalso sulla razionalità, tanti pensieri hanno avvolto la mia mente e per un attimo ho desiderato che lui non ci fosse.
Avevo appena ripreso la mia femminilità dopo la terza gravidanza, avevo ricominciato a vedermi donna e non solo mamma, anche se la maternità mi aveva aiutato in passato a uscire dal torpore della mia esistenza.


La paura è diventata padrona, quella creatura dentro il mio corpo era come un ospite antipatico che ti porta via il tempo che toglie il respiro, ti sembra tutto difficile.
Passavano i giorni caro amico ed io cominciavo a cullare l’idea di quel nuovo bambino, cominciavo a pensare che non era poi così male e che in fondo dare una parte di sé fa diventare migliori.
Ho visto da un monitor battere il suo cuore, ho capito che c’era e ho cominciato ad amarlo era diventato una parte di me, non era più un ospite indesiderato.
Ma è arrivato un giorno, un giorno prematuro per lui, il suo cuore senza ragione ha smesso di battere prima di nascere e io sempre dal monitor l’ho visto come la prima volta solo che non era più vivo.

“Signora come vede non c’è più il battito”.
Mi ricordo ancora quella voce pacata e tranquilla che mi spiegava una cosa inspiegabile, che quel bambino non nascerà.
Di nuovo l’angoscia, la paura, l’illusione è svanita in un attimo, la voce continua: “Ora andrà a casa e tornerà domani perché dobbiamo intervenire con un raschiamento, una cosa banale non si preoccupi”, le lacrime scendono io sento solo quella voce.
Tutta la notte nel letto con un bambino morto dentro la pancia con quello che un giorno pensavi ti chiamasse mamma , e io inerme con gli occhi aperti pensavo solo di essere stata punita per aver desiderato per un istante che non ci fosse.

Il giorno dopo, l’ospedale, il ricovero e di nuovo medici che mi mettono le mani dentro che mi tastano la pancia e mi sento derubata di qualcosa che mi era stato regalato.
Di nuovo la voce: “Deve prendere queste pastiglie perché favoriscono l’espulsione”.
Io penso l’espulsione di mio figlio che era forse poco che c’era ma era comunque mio figlio.

Dopo, il male, il bagno , mi giro lo vedo pochi centimetri ma è perfetto, ha tutto, ma il cuore non batte sembra dirmi con la sua fragilità che io non lo volevo.
La sala operatoria fredda, le luci mi abbagliano gli occhi e il lettino sembra instabile e non in grado di tenere il peso o forse è il senso di colpa che mi fa percepire questo.
L’anestesia leggera che mi fa sentire tutto quello che succede, ma senza poter reagire, penso che sia la giusta punizione per una persona orribile.
Nella mente mille pensieri mentre strappano dal mio corpo i resti di lui, avrei voluto che stesse con me ancora molto ma non è stato così.
La camera dell’ospedale, la notte passata nel torpore che lascia l’anestesia.

Caro amico sai cosa direi a quel bambino mai nato:
“Scusa se ho avuto paura di te, sono stata egoista, ho pensato che mi portavi via qualcosa e invece mi stavi regalando qualcosa, ti ho voluto bene con tutta me stessa quando ho capito, ho sofferto molto quando te ne sei andato mi sono sentita vuota e inutile bambino, ma ti prego se tu sei da qualche parte in un posto a me sconosciuto perdona la mia fragilità di donna che ha sofferto, piccolo spero di rincontrarti e che tu sia dove esiste solo l’amore, e sappi che non c’è stato ancora un giorno da quando mi hai lasciato che io non ti abbia pensato”.

di Rossella Fiorio


Tratto da http://www.espertoseo.it/12301/comunicati-stampa/ricordo-di-un-aborto.html 

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