Nei 27 Paesi dell’Unione europea l’aborto è la causa di mortalità più estesa, ben prima dei decessi dovuti a incidenti stradali o a malattie come il tumore. Ogni secondo, negli Stati facenti parte l’Ue, si verificano 25 interruzioni di gravidanza, un trend che fa assommare all’enorme cifra di 1.237.731 gli aborti praticati in un anno (dati del 2007). Sono questi alcuni dei (terribili) numeri del rapporto «L’aborto in Europa» reso noto dall’Istituto europeo di politica familiare (Ipf), con sede a Madrid, e che diffonde i suoi studi in varie lingue. Proprio il Paese iberico è balzato di recente agli onori della cronaca per l’enorme marcia pro-vida tenutasi a Madrid contro la legge del governo Zapatero che apre la strada all’aborto libero per le minorenni.
«Le cifre parlano di migliaia di tragedie personali, famigliari e sociali davanti alle quali la società non può più continuare a restare indifferente – annota l’Ipf nell’introduzione al rapporto –. Tutto questo rappresenta una sfida prioritaria per la società e per le amministrazioni pubbliche, perché ogni madre che ricorre all’aborto costituisce una sconfitta per la società».
I numeri, dunque. Quelli del documento sono sconvolgenti: un milione e 200mila bambini non nati in un anno rappresenta l’intera popolazione una grande città del Continente. Nel decennio preso in considerazione l’Unione europea ha «perso» 13 milioni di bambini perché abortiti: come se scomparissero, assommate, l’intera popolazione della Svezia attuale e quella dell’Irlanda. Ciò significa che una gravidanza su 5 (il 19,1% per la precisione) nel Vecchio continente termina con un aborto. Tale fatto contribuisce all’«inverno demografico» che attanaglia l’Europa: nel 2008 le nascite sono diminuite di 774mila unità rispetto al 1982, con un saldo negativo del 12,5%.
Il rapporto di Ipf – che si basa su dati Eurostat e quelli forniti dai diversi Paesi – smonta alcuni cliché delle organizzazioni pro-aborto, ad esempio quello che recita «più contraccettivi = meno aborti». Orbene, se negli ultimi anni gli strumenti anticoncezionali hanno ormai dilagato – un esempio, la diffusione istituzionalizzata di preservativ nelle scuole superiori di diversi Paesi –, non per questo si assiste a un calo delle interruzioni di gravidanza. Anzi: se nel 1997 nei 15 Paesi allora facenti parti dell’Unione europea si registravano 837.409 aborti, dieci anni dopo questi sono saliti del 12,6%, arrivando a quota 931.396. Spagna e Gran Bretagna sono i Paesi con il maggior trend di crescita: Madrid ha avuto nel giro di 10 anni 62.500 aborti in più, il Regno Unito ha assistito ad un +27.500. Vi è un dato poi ulteriormente preoccupante, soprattutto sul versante educativo: un aborto ogni 7 viene richiesto da una donna con meno di 20 anni. Qui il primato spetta alla Gran Bretagna (48150), dove il problema delle adolescenti incinte rappresenta ormai un allarmante problema sociale, seguita da Francia (31779) e Romania (17272).
Ma quali sono i Paesi europei che nell’ultimo decennio hanno registrato il maggior numero di aborti? Il triste primato spetta alla Romania, con 2.114.639 aborti; segue la Francia (2.079.387), la Gran Bretagna (2.037.657), l’Italia (1.321.756), la Germania e la Spagna.
Una buona notizia arriva invece se si prendono in considerazione il numero di gravidanze soppresse nei dodici Paesi entrati a far parte della Ue negli ultimi anni, perlopiù nazioni dell’Est europeo: nel 1997 vi si praticavano 650.869 aborti, nel 2007 si è scesi a 306.335, con una diminuzione del 52,9%. Anche guardando alla situazione del nostro Paese, il rapporto di Ipf offre un lumicino di speranza: siamo uno dei Paesi in cui nell’ultimo decennio l’aborto è in calo. Nel 2007 da noi si sono avute 126.562 interruzioni di gravidanza, ovvero 13.604 in meno rispetto a 10 anni prima.
La Spagna rappresenta il «buco nero» dell’indagine di Ipf: se, come detto, essa è il Paese dei Ventisette dove l’interruzione di gravidanza si è più diffusa negli ultimi 10 anni, nel 2008 (secondo le stime di Ipf) avrebbe raggiunto quota 120mila aborti, diventando il 4° Paese Ue per vite nascenti soppresse.
Da questa amara constatazione l’Istituto di politica famigliare lancia un appello al mondo della politica: «È necessario e urgente che le amministrazioni pubbliche realizzino una vera politica di prevenzione (dell’aborto, ndr) basata sull’aumento dell’aiuto sociale ed economico in favore delle donne incinte» tralasciando di «perseguire politiche di contraccezione superate» che «non sono la soluzione più adeguata per la società. È necessario cogliere la sfida – chiosa il documento – e realizzare una vera politica di formazione – e non solo di informazione – in favore della vita aiutando le donne incinte».
«Le cifre parlano di migliaia di tragedie personali, famigliari e sociali davanti alle quali la società non può più continuare a restare indifferente – annota l’Ipf nell’introduzione al rapporto –. Tutto questo rappresenta una sfida prioritaria per la società e per le amministrazioni pubbliche, perché ogni madre che ricorre all’aborto costituisce una sconfitta per la società».
I numeri, dunque. Quelli del documento sono sconvolgenti: un milione e 200mila bambini non nati in un anno rappresenta l’intera popolazione una grande città del Continente. Nel decennio preso in considerazione l’Unione europea ha «perso» 13 milioni di bambini perché abortiti: come se scomparissero, assommate, l’intera popolazione della Svezia attuale e quella dell’Irlanda. Ciò significa che una gravidanza su 5 (il 19,1% per la precisione) nel Vecchio continente termina con un aborto. Tale fatto contribuisce all’«inverno demografico» che attanaglia l’Europa: nel 2008 le nascite sono diminuite di 774mila unità rispetto al 1982, con un saldo negativo del 12,5%.
Il rapporto di Ipf – che si basa su dati Eurostat e quelli forniti dai diversi Paesi – smonta alcuni cliché delle organizzazioni pro-aborto, ad esempio quello che recita «più contraccettivi = meno aborti». Orbene, se negli ultimi anni gli strumenti anticoncezionali hanno ormai dilagato – un esempio, la diffusione istituzionalizzata di preservativ nelle scuole superiori di diversi Paesi –, non per questo si assiste a un calo delle interruzioni di gravidanza. Anzi: se nel 1997 nei 15 Paesi allora facenti parti dell’Unione europea si registravano 837.409 aborti, dieci anni dopo questi sono saliti del 12,6%, arrivando a quota 931.396. Spagna e Gran Bretagna sono i Paesi con il maggior trend di crescita: Madrid ha avuto nel giro di 10 anni 62.500 aborti in più, il Regno Unito ha assistito ad un +27.500. Vi è un dato poi ulteriormente preoccupante, soprattutto sul versante educativo: un aborto ogni 7 viene richiesto da una donna con meno di 20 anni. Qui il primato spetta alla Gran Bretagna (48150), dove il problema delle adolescenti incinte rappresenta ormai un allarmante problema sociale, seguita da Francia (31779) e Romania (17272).
Ma quali sono i Paesi europei che nell’ultimo decennio hanno registrato il maggior numero di aborti? Il triste primato spetta alla Romania, con 2.114.639 aborti; segue la Francia (2.079.387), la Gran Bretagna (2.037.657), l’Italia (1.321.756), la Germania e la Spagna.
Una buona notizia arriva invece se si prendono in considerazione il numero di gravidanze soppresse nei dodici Paesi entrati a far parte della Ue negli ultimi anni, perlopiù nazioni dell’Est europeo: nel 1997 vi si praticavano 650.869 aborti, nel 2007 si è scesi a 306.335, con una diminuzione del 52,9%. Anche guardando alla situazione del nostro Paese, il rapporto di Ipf offre un lumicino di speranza: siamo uno dei Paesi in cui nell’ultimo decennio l’aborto è in calo. Nel 2007 da noi si sono avute 126.562 interruzioni di gravidanza, ovvero 13.604 in meno rispetto a 10 anni prima.
La Spagna rappresenta il «buco nero» dell’indagine di Ipf: se, come detto, essa è il Paese dei Ventisette dove l’interruzione di gravidanza si è più diffusa negli ultimi 10 anni, nel 2008 (secondo le stime di Ipf) avrebbe raggiunto quota 120mila aborti, diventando il 4° Paese Ue per vite nascenti soppresse.
Da questa amara constatazione l’Istituto di politica famigliare lancia un appello al mondo della politica: «È necessario e urgente che le amministrazioni pubbliche realizzino una vera politica di prevenzione (dell’aborto, ndr) basata sull’aumento dell’aiuto sociale ed economico in favore delle donne incinte» tralasciando di «perseguire politiche di contraccezione superate» che «non sono la soluzione più adeguata per la società. È necessario cogliere la sfida – chiosa il documento – e realizzare una vera politica di formazione – e non solo di informazione – in favore della vita aiutando le donne incinte».
Lorenzo Fazzini - http://www.avvenire.it/Cronaca/
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